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La prima notizia certa della chiesa di San Pietro risale al 14 aprile 1202, desunta da un atto di donazione da parte Presbitero, priore e rettore della chiesa di San Pietro, che donò la suddetta chiesa, a Stefano abate del monastero di S. Silvestro in Capite a Roma.
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CHIESA DI SAN PIETRO
CENNI STORICI
La scarsa documentazione riferita alla Chiesa di San Pietro non permette di ricostruire al meglio le vicende storiche che hanno segnato le sorti dell’edificio. La sua prima attestazione risale al 14 aprile 1202 e consiste nella conferma della donazione della suddetta che il presbitero priore e rettore della chiesa Pietro, fece a Stefano, abate del monastero di S. Silvestro in Capite a Roma. La conferma avvenne in forma solenne, presenti il Vescovo di Bagnoregio, capo della diocesi di appartenenza di Vitorchiano, il senatore romano Guntablacca, rettore del castello e legato della Tuscia, diversi presbiteri e diaconi e la comunità del castello. In particolare veniva confermata la donazione di più chiese, situate sia dentro che fuori del “castrum”: ecclesiam S. Petri et Nicolai iusta portam muri et acclesiam S. Salvatoris cum hospitali iusta portam Canalis et ecclesiam S. Marie, positam extra dictum castrum in loco qui vocatur Braççanum. Si citano dunque la Chiesa di S. Pietro, detta anche di S. Pietro e S. Nicola, la Chiesa di S. Salvatore con l’ospedale e la Chiesa di Santa Maria, posta fuori del castello. La strada che conduce a S. Pietro in passato costituiva uno dei due assi principali della viabilità esterna al “castrum”. Alla fine del XII secolo la chiesa era nel pieno delle sue funzioni e possedeva un’abbondante quantità di beni mobili ed immobili. Le chiese nominate nel documento del 1202, S. Salvatore e Santa Maria, probabilmente dovevano far capo a S. Pietro. Giacché la chiesa in questione ricopriva una posizione apparentemente indipendente rispetto al “castrum”, esterna alla principale cinta di mura, si può ipotizzare che svolgesse la funzione di pieve, chiesa principale della propria circoscrizione territoriale. Sarà in seguito Santa Maria ad assolvere progressivamente questa funzione (tanto da conservare anche oggi il titolo di parrocchia), a scapito di S. Pietro, caduta nel completo abbandono. Da un documento del 15 febbraio 1658 si apprende il passaggio in enfiteusi di tutti i beni appartenenti alle suddette chiese a quella di S. Nicola, confermando però parallelamente, la proprietà di esse a S. Silvestro in capite. Tale soluzione aveva la finalità di svincolare in parte le due chiese dal monastero romano, avvicinandole alla realtà locale, fin quando nel 1775 avvenne la completa cessione delle due chiese e di tutti i beni ad esse collegati, ai fratelli Don Antino ed Antonio Onesti di Vitorchiano, per la quota di 200 scudi. Sconsacrata a partire dalla metà del secolo scorso, e in stato di abbandono fino al 2012, la chiesa ha visto una intervento di ripristino. Il Comune di Vitorchiano ha provveduto in epoca recente con la supervisione della soprintendenza al restauro conservativo del monumento. Sono state messe in sicurezza le condizioni di staticità dell’intero edificio e creata una copertura a capriate.
DESCRIZIONE
La chiesa di San Pietro è collocata al di fuori della seconda cinta muraria, confermando il suo carattere di pieve. Ha la facciata a capanna con pietre a vista, con al centro un semplice rosone leggermente posto in profondità rispetto alla facciata. A livello del piano di calpestio, rialzato su quattro gradini, è il portone di accesso, non in asse con il rosone e affiancato da stipiti decorati a bassorilievo. Sopra l’architrave è presente una lunetta sovrastata da una lapide in marmo bianco. Un po’ più in alto, sulla destra è visibile un volto scolpito nel peperino e collocato in facciata, di cui si riconoscono a malapena alcune sembianze. Risalendo i quattro gradini, quasi completamente infestati dall’erba, ci si ritrova di fronte al portale di accesso alla chiesa, quasi completamente distrutto. Agli angoli, con la funzione di stipiti, sono stati collocati due pilastri con capitelli completamente lavorati a bassorilievo a volute ed elementi di fantasia, con decorazioni diversificate su ogni lato del singolo pilastro ed entrambi differenti l’uno dall’altro. In alto un architrave liscio separa il portale da una lunetta, realizzata in pietra e stuccata all’interno, forse anticamente dipinta. Sulla lunetta una lapide in marmo bianco nella quale sono presenti immagini e un’iscrizione in latino. Leggermente incisa è la figura di un uomo vestito con abiti papali, con la tiara, un grande piviale e una tunica riccamente panneggiata, con in mano l’insegna papale, che schiaccia un drago: l’iconografia di San Silvestro papa. Anche nell’iscrizione sottostante, più evidente rispetto alla figura del pontefice, ritroviamo il riferimento a San Silvestro insieme a quello di San Pietro al quale la chiesa è dedicata. L’iscrizione cita: HABO EST ECCLESIA S. PETRI SPECTAN AD VEN MONASTERI ET MONIALES S SILVESTRI DECAPITE URBIS. Il pilastro destro monolitico a base triangolare che funge da stipite del portale ha le superfici diversamente decorate e realizzate a bassorilievo: nella faccia esterna sono scolpiti tralci di vite e, nello sguincio, grossi girali fogliacei sorretti inferiormente da una rozza figura umana e addentati in alto da un animale; nell’altra girali fitomorfi percorrono tutta la lunghezza della faccia interna. Sovrasta lo stipite un capitello con foglie di acanto appena in rilievo e volute in alto. Questo portale così costituito è la traduzione di motivi romanici reinterpretati con arte rozza da qualche maestranza locale. È tuttavia interessante perché costituisce l’unico esempio di questo genere nei dintorni di Viterbo. Il pilastro sinistro monolitico, anch’esso a base triangolare e che funge da stipite del portale, presenta nella facciata esterna un tralcio con foglie di palmetto intervallate e nello sguincio due tralci terminanti in alto e in basso con due rozze figure umane, presenti anche alle estremità delle girali fitomorfe della seconda superficie. Anche il capitello è diviso in due parti: in una vi è un sagittario, mentre nell’altra è rappresentata una figura umana, che sorregge due fiaccole, probabilmente l’ascesa di Alessandro Magno trasportato dai grifoni. All’interno la chiesa ha una navata unica monoabsidata, alla quale si accede attraverso una passerella in legno. Dalla passerella è visibile la parete di fondo con l’abside, entrambi affrescati, e la copertura a capriate. Sulla destra è una finestra, unica fonte di luce insieme ad un’altra finestra posta al livello della passerella e all’oculo. Al di sotto della passerella sono delle antiche sepolture, facenti parte del cimitero del paese in passato annesso alla chiesa, scoperte sotto il piano di calpestio a destra e a sinistra della passerella successivamente agli scavi fatti tra il 2009-2010. Attraverso due estesi gradini si accede al presbiterio con l’abside, di fronte al quale è un altare in peperino. Ai lati sono due panche in pietra, mentre più in là, sulla parete destra è visibile una nicchia con arcata a tutto sesto. La parete di fondo della chiesa, completamente affrescata, anche se in cattivo stato di conservazione, non è uniforme, ma la parte centrale, nella quale poi è posto l’abside, è rientrante rispetto alle due parti laterali che hanno anche minore superficie. La decorazione si estende su due livelli ed è ascrivibile tra la fine del XV e gli inizi del XVI secolo. Le scene sono inserite in finte architetture di stile classico. Al centro della parete rientrante, nel registro superiore, era raffigurato Cristo in trono con i santi Pietro e Paolo, dei quali si è persa quasi completamente traccia; nell’abside è la Crocifissione di Cristo. La scena è inquadrata da una finta cornice architettonica con il sott’arco decorato con elementi a volute classicheggianti su fondo giallo e rosso. L’arco della nicchia è in marmo dipinto a trompe-l’oeil, ormai rovinato dagli agenti atmosferici. Lo spessore delle pareti emergenti è invece decorato con finti pilastri classicheggianti. La croce è posta al centro della nicchia con un panneggio dipinto sul retro che ha la funzione di risaltare la figura di Cristo. A sinistra San Francesco con ampio saio tende il braccio verso la croce e sembra far tutt’uno con la rupe che è alle sue spalle. A destra è un santo con lunga barba bianca, identificabile sulla base della foto, risalente al 1977, relativa alla scheda del dipinto, come S. Girolamo, individuato, invece, come S. Marco Evangelista dai compilatori della medesima scheda, con lunga tunica viola dai risvolti giallo ocra; sullo sfondo dietro di lui si intravedono in profondità, degli edifici, gli stessi della Natività di San Nicola nell’omonima chiesa. Al livello del piano di calpestio c’è l’altare realizzato con tre semplici blocchi di peperino. La scena della Crocifissione è molto rovinata. Sono presenti cadute di colore in molti punti della scena, tra cui i volti e il corpo delle figure del S. Francesco e del Cristo sulla croce; per quanto riguarda la figura di S. Girolamo, l’intonaco è quasi completamente caduto, rendendo visibile soltanto il volto e il braccio sinistro del santo con lo sfondo alle sue spalle. Anche le due porzioni di parete laterali al catino absidale sono divise in due registri secondo un’impaginazione speculare. La porzione sinistra presenta nel registro superiore una figura della quale rimangono visibili solo la parte bassa della veste ed un piede; nel registro inferiore è visibile una targa ed un festone monocromi. È impossibile dire come si completasse la decorazione in questo punto, poiché l’intonaco si è staccato fino ad un’altezza di circa. 2 m. Questa caduta ha messo in luce un brano dello strato precedente attaccato direttamente sulla muratura. La decorazione a crocette presente su questo primo strato è databile tra la fine del XIII e l’inizio del XIV sec e determina un termine ante quem per la realizzazione della muratura. La porzione destra, presenta nel registro superiore, in una finta nicchia, un santo quasi completamente visibile vestito di una tunica con un mantello rosso allacciato sul petto con un libro aperto fra le mani. La veste con un panneggio molto regolare dà compostezza alla figura che però, attraverso la posizione delle gambe, accenna ad un movimento, come se stesse camminando. I panneggi si possono riscontrare simili nella scena di processione di S. Nicola mente la postazione fisica della figura è tipica del Gesù del Battesimo nel Giordano. Pur sentendo molto l’influenza zelliana, questa è limitata a particolari secondari. Nel registro inferiore, in una riquadratura classicheggiante realizzata a trompe l’oeil, è un santo comunemente identificato come S. Bartolomeo anch’esso quasi completamente visibile. Il Santo è raffigurato con una tunica che gli copre solamente la spalla sinistra. Il colore della pelle è molto scuro, probabilmente dovuto ai cambiamenti che la pittura ha subito nel tempo sottoposta all’azione degli agenti atmosferici. Nel paesaggio, dopo un primo edificio visibile sulla destra, sullo sfondo sorgono dei piccoli agglomerati di edifici. Mentre nulla cambia nei caratteri fisionomici del personaggio, in tutto simile alle figure della chiesa di S. Nicola, il paesaggio del pittore risente qui una strana influenza, che non si esclude possa essere proprio del Truffetta. Gli affreschi attestano una sottoscuola viterbese molto attiva. La controfacciata è priva di decorazioni, ma nella parte alta è visibile l’oculo. Sulla parete destra è presente una delle due finestre all’interno dell’edificio.
BIBLIOGRAFIA
Vitorchiano, il passato presente, edizione curata da Fiorenzo Mascagna, ricerche storiche Elide Vagnozzi, Stampa Arti Grafiche Artigiane 2005.
Picchetto F.- Pedrocchi A. M, scheda OA n.12/00095308, 1977.
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Picchetto F.- Pedrocchi A. M, scheda OA n. 12/00095316, 1977.
Picchetto F.- Pedrocchi A. M , scheda OA n. 12/00095317, 1977.
Toscano M., Vitorchiano nel Medioevo: la chiesa di S. Pietro, Sutri (Vt) 2005.
– Pagina Facebook di Andrea Presutti Un particolare ringraziamento al Dr. Andrea Presutti per la consulenza scientifica e il materiale fotografico d’archivio fornito su Vitorchiano.